L'allenatore si pone come persona
educante nei confronti di un discente con lo scopo di
condividere,ampliare e diffondere il proprio sapere sotto un rapporto
di condivisione-reciprocità guidato da due aspetti fondamentali: la
cooperazione e la mediazione.
La figura dell'allenatore ha il
compito di proporre attività e ricoprirle di significato andando
oltre il puro aspetto formale/pratico (es. insegnamento del gesto)
delle cose.
"Quando mi alleno ho imparato
che,oltre all'obiettivo immediato di rinforzare i muscoli, c'è
qualcosa in più di più grande, di più generale da raggiungere.
Anche se stiamo semplicemente correndo, il mio allenatore mi insegna
con le parole e con il comportamento che, per esempio, sto anche
imparando a sostenere la fatica e ad aumentare la mia determinazione.
Inoltre mi fa capire che la forma atletica mi consentirà di aiutare
meglio la squadra e di divertirmi ancora di più mentre gioco"
Partendo da questa dichiarazione si
possono sviluppare degli spunti interessanti per riflettere sull'
intervento dell'allenatore.
ASPETTI COMUNICATIVI
L'atto comunicativo è composto per
il 7% dalle parole (aspetto pratico), 38% aspetti paraverbali (tono
di voce, intensità, ritmi,accenti, silenzi...) e 55% dalla
corporeità. Ognuno di questi fattori è in grado di fornire
all'interlocutore informazioni differenti talvolta contrastanti. Se
cerchiamo di mentire con le parole, prima o poi il resto del corpo ci
tradirà. E' fondamentale per raggiungere una comunicazione efficace
che vi sia coerenza tra tutti i fattori che entrano in gioco
all'interno del processo comunicativo perchè alle persone non piace
chi mente, sapendo di mentire.
E' importante che l'allenatore
sappia che sta comunicando le regole non solo perchè l'atleta,
conoscendole, possa partecipare al gioco( livello di informazione) ma
anche per creare una struttura che dà sicurezza, orienta la persona;
così non sta dando solamente compiti, esercizi da svolgere per
migliorare la prestazione fisica ma fornirà un fondamento
all'autostima e alla fiducia in sè.
CHI ALLENA GLI ALTRI, SE VUOLE
FARLO NON SOLO PER RAGGIUNGERE RISULTATI PRATICI, NON PUO' PRECINDERE
DA ALLENARE SE STESSO ALLE QUALITA' CHE VUOLE TRASMETTERE E
VALORIZZARE.
LA MEDIAZIONE
L'allenatore deve mediare il
processo di apprendimento in maniera flessibile mettendo al centro e
valorizzando peculiarità/necessità soggettive di ogni ragazzo; in
particolare esso deve essere guidato da: intenzionalità("ho
intenzione di lavorare con te"), reciprocità( il
soggetto in apprendimento si sente parte attiva del progetto previo
un adesione agli obiettivi precedentemente espressi e condivisi; si
accresce il desiderio d'apprendimento. "La persona che si sente
ascoltata, capita, apprezzata nel modo e nel contenuto di ciò che
esprime,sarà naturalmente portata a fare di più, a trovare sempre
più canali e strategie per ottenere quella benedizione che è la
conferma di sè) trascendenza( ovvero il sentirsi parte
attiva di qualcosa di più ampio. Dal punto di vista dell'allenatore
è fondamentale che egli acquisisca lungimiranza di vedute e capacità
di collegare le attività sportive che propone con obiettivi di
ordine via via superiori)
L'allenatore deve alimentare il
senso di competenza che è un aspetto psicologico essenziale
per la costruzione della propria immagine, ma credere in se e nelle
proprie abilità sono anche condizioni facilitanti per
l'apprendimento, per la prontezza nell'affrontare nuove esperienze e
per mettere alla prova se stessi in nuove sfide. Questo aspetto si
garantisce fornendo attività stimolanti non troppo facili e non
troppo complesse creando le condizioni per il successo nel risultato
finale che si vuole perseguire (favorire il cosi detto stato di
Flow); l'allenatore predisporrà quindi le attività in modo da
fornire sia elementi famigliari che elementi nuovi della giusta
complessità .
L'obiettivo di questa mediazione è
favorire nell'atleta, a maggior ragione se giovane, la capacità di
controllo autonomo del suo comportamento, senza bisogno di essere
regolato da fonti esterne. Sarà molto utile quindi ragionare con
l'atleta sui suoi pattern comportamentali di fronte al compito
(concentrarsi sul "come puoi fare per rimanere più tranquillo e
preciso in un calcio di rigore?" rispetto al "Non devi
avere paura di tirare un calcio di rigore") tramite colloquio
individuale.
di Gianluca Zanatta
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